Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

CAMPO DI BATTAGLIA ore 18,30-20,30

regia di Gianni D'Amelio

25/09/2024
CONDIVIDI:

Al CINEMA SPADARO di Acireale continua con elegante successo CAMPO DI BATTAGLIA  sala climatizzata inizio spettacoli ore18,30-20

visitate www.cinemaspadaro.it

Campo di battaglia, il film di Gianni Amelio in Concorso al Festival di Venezia 2024: Nella visione di un autore come Gianni Amelio c’è tanto da rintracciare e scoprire, anche a distanza di tempo. Non è un regista, come dice lui, che decide a tavolino le cose, i progetti li deve sentire, poi le idee prendono forma, cambiano, vengono stravolte, soprattutto sul set, lo ha raccontato spesso, dando scene nuove agli attori. È quasi un rito. Nei suoi film condivisi ricorrono spesso alcuni fili conduttori tematici, l’infanzia, gli scontri – incontri generazionali, le differenze d’età, culturali, sociali, l’unione dei sentimenti, delle passioni, le profondità emotiva, gli ideali. L’ultimo suo lavoro, Campo di battaglia tratto liberamente dal libro, una via di mezzo tra un saggio e un romanzo, di Carlo Patriarca, La sfida, in lizza per il Leone d’Oro al Festival di Venezia 2024, paradossalmente si mostra come una nuova sfida, seppur torni ad un periodo passato. Siamo infatti sul finire della Prima Guerra Mondiale, in cui ci parla dell’orrore del conflitto, ma attraverso una storia (immaginata) incredibile, che sembra avvicinarsi a ciò che effettivamente abbiamo vissuto, o stiamo ancora vivendo. Al centro la storia di due ufficiali medici, amici d’infanzia, Stefano (interpretato qui da Gabriel Montesi), la cui famiglia altoborghese sognava per lui altro, magari un futuro in politica, e dall’altro Giulio (Alessandro Borghi), apparentemente più tollerante, e comprensivo riguardo a ciò a cui assiste, più votato a fare il ricercatore e il biologo, piuttosto che fare ciò a cui è stato destinato. Entrambi infatti lavorano nello stesso ospedale militare, là dove ogni giorno si confrontano con l’arrivo dal fronte dei feriti più gravi, chi agli arti (steccato poi alla meglio), chi agli occhi. Uomini impauriti, al punto da diventare volontariamente autolesionisti, pur di non tornare a combattere, procurandosi da soli alcune delle ferite: sono dei simulatori. Il primo dei due medici ne è ossessionato e li combatte a sua volta, quotidianamente, invitandoli a fare il loro dovere, dimettendoli, talvolta all’istante, in nome di qualcosa di più grande. Chi non obbedisce è destinato al Tribunale militare. Il campo di battaglia, allora, non è dove si spara e si muore, ma diventa l’ospedale, il luogo nel quale aleggia un sabotatore, qualcuno disposto (di proposito) a provocare il peggioramento di quei degenti, aiutandoli a complicarne le ferite, così che possano rivedere al più presto casa. Nel frattempo, poco prima, nell’ospedale arriva Anna (Federica Rossellini), amica sia di Giulio che Stefano dai tempi dell’università. Un’infermiera coraggiosa, che prende posizione e agisce, in un periodo in cui essere donna era qualcosa quasi da scontare, ma che prova a guardare le cose da altre prospettive, prendendosi cura di tutti e senza abbassare lo sguardo. La guerra, e quel campo di battaglia, sta per espandersi, perché di lì a poco ci si ritroverà a dover respingere un altro nemico letale: una terribile pandemia, la Spagnola, pronta a fare migliaia di morti, anche tra la popolazione civile. Analogie indirette, con quello che oggi, anni fa, abbiamo vissuto, tra Gaza e l’Ucraina, col Covid, letale avversario... Gianni Amelio: «Questo è un film non di guerra, ma sulla guerra, che va visto in sala e non in tv», racconta un accorato Gianni Amelio. «Le immagini a cui ci siamo assuefatti in tv, così usurate, oggi sembrano quasi irreali, ne vediamo troppe. La guerra, però, è anche vedere di un affondamento di un gommone. Non siamo in grado di ragionare, subiamo le emozioni». Il film, come poi sottolinea anche uno dei protagonisti, Alessandro Borghi, è effettivamente una riflessione sul giusto e sbagliato, sul bene e male, a che cosa (ai nostri occhi) vogliamo davvero credere, riguardo il senso di responsabilità. Amelio è un regista sopraffino, che nella sua esistenza non si è mai tirato indietro davanti a nessun tipo di racconto o personaggio, anzi, invece che scansare il problema, ne è arrivato alla soluzione, alla propria sostanza. È il suo cinema, lo è anche questo lavoro, il suo modo di interpretare la natura delle cose, che certo divide, non consola, non compiace, ma è una radice che, ogni volta, andrebbe protetta, e non estirpata, senza poterla giudicare. (da Vogue articolo di Andrea Giordano)

CONDIVIDI: